Le festività sono ormai trascorse. Milioni d’italiani hanno rispettato le tradizioni scambiandosi gli auguri ed i regali. Tantissimi hanno frequentato i luoghi di villeggiatura e riempito i vari ristoranti, confermando con questo l’esistenza di un benessere apparentemente diffuso.
Questo benessere, purtroppo, convive con situazioni nelle quali molte persone in Italia sono ancora prive dei supporti economici per il proprio fabbisogno, come risulta da studi e ricerche, realizzati dalle diverse strutture: economiche, politiche, sociali, e da quelle appartenenti alle diverse organizzazioni Sindacali e delle molte altre Associazioni delle diverse professioni, categorie e mestieri.
Infatti, a fronte di una moltitudine di persone che dispongono di redditi propri o dell’intero nucleo famigliare, che potremo definire medio alti (oltre 50.000-70.000 euro lordi l’anno) derivanti da lavoro autonomo, oppure da lavoro dipendente (in particolare nel pubblico impiego) o da pensione, esistono milioni di persone costretti a convivere con redditi non adeguati per il loro fabbisogno e quello delle proprie famiglie.
Queste persone appartengono a quella vasta schiera delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti, con un rapporto di lavoro legato all’artigianato, oppure al commercio ed al turismo e quindi in molti casi alla stagionalità, quelli impiegati in agricoltura, quelli dipendenti dalle (finte) cooperative operanti nelle attività di trasporto e della logistica delle merci, oppure nei diversi settori manifatturieri, quelli occupati presso le diverse strutture commerciali della Grande Distribuzione Organizzata, nei servizi alle persone, ed infine (ma non da ultimi) la variegata categoria dei pensionati.
Ebbene, molti dipendenti delle categorie appena accennate aspettano da anni il rinnovo dei loro Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, per legittimi adeguamenti retributivi e normativi. E ciò anche a fronte di aumenti del costo della vita e quindi della perdita del potere d’acquisto dei loro salari e delle retribuzioni nel frattempo intervenuto. Lo stesso riguarda la vasta platea dei pensionati, per i quali l’INPS ha riconosciuto per l’anno 2025, un adeguamento degli importi delle diverse pensioni (vecchiaia, anzianità, ecc.) dello 0,80%, a fronte di aumenti dei prezzi, delle tariffe delle forniture di luce, acqua, gas, e dei canoni di locazione, intervenuti nell’ultimo triennio per un importo stimato di almeno il 25%.
Le conseguenze di questi fatti hanno creato nuove povertà, diffuse nei diversi territori del nostro Paese, stimate in almeno il 10-15% della popolazione e riguardante fino a 100.000 persone, nelle diverse aree geografiche, molte delle quali hanno persino rinunciare alle cure mediche della propria persona.
Credo che queste situazioni richiedano un adeguato impegno del Governo e delle parti Sociali, affinché siano superare queste criticità: che convivono in modo contraddittorio all’interno del nostro Paese.
Giuseppe Braga
(già dirigente CISL, e componente Comitato Provinciale INPS Verona)