Vigneti in Valpantena
Quando si parla del vino e paesaggio del vino, con una retorica abbastanza ricorrente, si tende a darne un’immagine idilliaca, ma il vino non è più il frutto della sapienza contadina nel campo e in cantina e per lo più è il prodotto delle potenti industrie chimiche (antiparassitari, concimi di sintesi, diserbanti) e risponde alle logiche del marketing e della quantità.
La Commissione Europea, che con il Green Deal aveva fatto sperare in un cambio di direzione a favore di un ambiente con meno pesticidi nell’aria e nella terra, si è lasciata condizionare dalla ‘protesta dei trattori’ guidata dai grandi proprietari terrieri alleati con l’agroindustria ed ha abbandonato il programma di contenimento dei pesticidi dimostrando così una visione distorta dei problemi degli agricoltori. Come dice Paolo Pileri “gli agricoltori devono andare a protestare dalle loro associazioni di categoria che non li hanno aiutati quando occorreva per farli transitare verso un’agricoltura più giusta, più sana, più pulita” mentre i grandi proprietari ” si prendono l’80% dei contributi della Politica agricola comune (Pac) senza mai mettere piede in un campo.”
In Italia secondo l’ISTAT in agricoltura si utilizzano circa 122.000 tonnellate all’anno di prodotti fitosanitari e il Veneto, con Verona e Treviso in testa, è quella che ne fa più uso con 15.758 tonnellate. Questi prodotti, che contengono circa 400 sostanze diverse, sono usati nei trattamenti antiparassitari con una frequenza, che ad esempio nel caso della vite, è in media di 20 trattamenti/a stagione. Inoltre pochi sanno che il 70% dei nuovi pesticidi contengono i famigerati PFAS, aggiunti per aumentare l’efficacia biocida, che sono difficilmente degradabili.
Molte di queste sostanze, per ammissione esplicita in etichetta degli stessi produttori, sono considerate cancerogene, e possono aumentare di molto gli effetti tossicologici nelle diverse combinazioni che vengono effettuate. L’oncologo dell’Ospedale di Negrar Roberto Magarotto, dice che “un’esposizione prolungata nel tempo ad alcuni pesticidi durante i trattamenti nei vigneti può comportare rischi al sistema endocrino, danni neurologici e respiratori cronici, effetti cancerogeni”. (L’Arena 13.02.2018).
“Secondo l’Ipbes ( Piattaforma intergovernativa scientifico-politica sulla biodiversità e i servizi eco sistemici) in Europa la principale causa del declino della biodiversità è il modello agricolo dominante, basato sull’impiego di agenti chimici (insetticidi, erbicidi, fertilizzanti sintetici). Negli ultimi trent’anni quasi l’80% degli insetti in Europa è in declino.” (Le Monde da Internazionale del 30.03.18).
Tuttavia molte persone pensano che il problema dell’uso dei prodotti chimici in agricoltura riguardi solo le aziende agricole, ma il Dott. Giovanni Beghini riporta una recente indagine effettuata da ISDE (l’Associazione dei medici per l’ambiente) nei comuni della provincia di Verona. E’ stato rilevato che i residui tossici dei fitofarmaci si trovano non solo nei campi, ma anche nei giardini e nelle aree private situate anche lontano dal loro impiego. Basti pensare che la ricerca ha trovato residui chimici usati in viticoltura persino nei giardini di Boscochiesanuova e di Sant’Anna d‘Alfaedo!
C’è un bisogno urgente di un’agricoltura sana che limiti le coltivazioni più impattanti che fanno uso dei prodotti chimici. C’è bisogno di un Regolamento sull’Impiego dei pesticidi di cui il Comune di Verona ancora non si è dotato. C’è bisogno di riconvertire l’agricoltura convenzionale verso sistemi che riducano al minimo l’uso della chimica. Produrre con sistemi alternativi è possibile. Il Dott. Beghini riporta che in uno studio del 2011 effettuato in Francia e Germania sono stati paragonati 15 campi coltivati con metodo biologico con 15 campi coltivati con metodo convenzionale. Ebbene è emerso che i campi coltivati con metodo convenzionale avevano afidi che danneggiano i cereali 5 volte più numerosi.
Alberto Ballestriero
Coordinatore Gruppo Verde Verona Polis